BDSL-Klassifikation: 01.00.00 Allgemeine deutsche Sprach- und Literaturwissenschaft > 01.08.00 Zu einzelnen Germanisten, Literaturtheoretikern und Essayisten
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Parlare di Ernst Bloch e l'Espressionismo significa parlare del pensiero die Ernst Bloch nella sua complessità. Già per lo stile la sua prima opera, Geist der Utopie (Spirito dell'Utopie), scritta nel 1918 è spiccatamente espressionista. Ma, oltre allo stile, rientrano nalla cornice dell'Expressionismus anche alcuni temi artistici affrontati da Bloch in questa prima opera. Certo le considerazioni eposte da Bloch sull'arte espressionista in Spirito dell'utopia sono più in forma di flash, di accenno, piú pensieri estemporanei che riflessioni sistematiche.
Queste note su memoria e oblio prendono le mosse da due fenomeni noti, pur nella loro enigmaticità, e apparentemente opposti come il déjà-vu e il jamais-vu. Accade qualcosa e si ha l'impressione che si stia ripetendo un evento già vissuto, oppure ci si trova in un luogo praticato da anni e, a un certo punto, letteralmente, non lo si riconosce più, percependolo come nuovo ed estraneo. Si tratta di sentimenti che, pur facendo parte dell'esperienza più comune, conservano un alone di opacità. Sia nella "familiarità estranea" sia nella "estraneità familiare" si ha a che fare con uno spaesamento, una vertigine emotiva che sulle prime fa retroagire la nostra comprensione. In entrambi i casi lo stupore si accompagna all'inquietudine: la portata dirompente del nuovo strappa fuori dal riparo delle proprie certezze, dall'impalcatura delle proprie conoscenze. Sono i momenti di interferenza di livelli temporali diversi, in cui alla finitudine dell'evento vissuto si giustappone l'illimitata dimensione del ricordo. La simultaneità delle sfere contrapposte, il loro cortocircuitare e sovrapporsi, dà luogo a uno spaesamento, che talvolta assume un carattere demonico, perturbante (unheimlich), per dirla con Freud. Il senso dell'Unheimlichkeit fa tutt'uno con il sentimento di angoscia o di terrore che si genera nella conversione dell'opposto, quando il noto diventa fonte di terrore, quando il familiare si fa estraneo, o anche quando l'estraneo appare come familiare. Il ritorno del rimosso, sotto forma di paure o desideri inconfessabili, rinvia ai conflitti dell'infanzia e alle fase arcaiche della vita umana. In questo senso rappresenta una "promessa" che il presente non ha saputo esaudire, e che sopravvive in tutta la sua carica sovversiva.
Zwar wurde seit der Romantik akademischen Darstellungsprinzipien zunehmend entgegengesteuert, stand die Abkehr vom Mimesis-Gebot immer häufiger auf der künstlerischen Tagesordnung. Doch im gleichen Maß geht die Erschließung neuer ästhetischer Horizonte durch die konsequente Weiterentwicklung und Durchformung des künstlerischen Materials einher mit dem Anspruch, Alternativen zur jeweils herrschenden philosophischen und naturwissenschaftlichen Forschung zu entwerfen […]. Dieses oppositionelle Moment von Kunst macht sich das ästhetische Denken von Theodor W. Adorno (1903-1969) in besonderem Maße zu eigen. […] Adorno verzichtet auf keinen der beiden […] Pole von Kunst in der Moderne. Es geht ihm sowohl um Kunst als autonomen, für sich und nur für sich sprechenden Bereich wie auch um ihre Steigerung zur Souveränität, in der das Kunstwerk gewissermaßen zur Funktion des Lebens wird. Beide Aspekte aufgenommen zu haben und sich gegenseitig kritisieren zu lassen, dies definiert die Negativitätsästhetik in der Konzeption Adornos, in der sowohl Kant wie Schelling, Hegel wie Nietzsche deutliche Spuren hinterlassen haben. In der Ästhetischen Theorie von 1970 haben beide Linien einen vielleicht letzten verdichtenden Kreuzungspunkt gefunden.
My point of departure is Benjamin's "Lehre vom Ähnlichen," since this text elaborates a theory of reading and writing based on the concept of "nonsensory similarity." The "strange ambiguity of the word reading in relation to both its profane and its magical meaning", which is often cited in Benjamin criticism, is derived from a precise figure, namely the constellation as a model for writing and the concomitant practices of anagrammatical dispersion.
Im Folgenden soll das Potential eines interdisziplinären narratologischen Theorietransfers an autobiographischen Holocausterzählungen unter Verwendung von Konzepten aus psychologisch orientierten Theorien erprobt werden: der Begriff der Positionierung aus der psychologischen Konversationsanalyse (discoursive psychology) und das Konzept der Glaubwürdigkeitsmerkmale aus der Gerichtspsychologie. Mit diesen Ansätzen sollen zwei charakteristische Merkmale autobiographischen Schreibens beschrieben werden, nämlich seine Zeitstruktur und sein Faktualitätsanspruch.
In post-Kantian idealist aesthetics, at the very latest, literature and philosophy come to rival each other as producers of "history" At this point, philosophy takes it upon itself to "adopt" art and literature, treating the image as an object upon which to lavish the philosophical "labor of the concept" and explicitly asserting the primacy of concept over image. This objectivation of the image by the concept, however, goes hand in hand with the attempt to cover up and efface the poetic act that underlies the paradigm of "history," an act that had still informed the older, premodern meaning of the concept and had been conspicuously retained and reflected in the modern literary genre of historical drama. I therefore wish to propose that the origin of the logocentric discourse of history is to be found in Hegel's philosophy of art. In the first part of my essay, I will accordingly set out to reconstruct Hegel's effacement of the poetic origin of "history" by jointly examining his aesthetics and his philosophy of history. In the second part, I will confront Hegel's logocentric approach with a reading of Goethe's historical drama Egmont that exposes the poetic origin of "history" and thereby offers an alternative to Hegel's logocentrism.
In un'intervista rilasciata in piena maturità a ricordo degli anni di gioventù, Bloch concentra la sua attenzione sulle rilessioni antimilitaristiche contenute in 'Spirito dell'utopia' (1918 e 1923). soprattutto riformula quella questione che – proposta con veemenza nella Introduzione (dal titolo Intenzione) del suo libro – attraversa come un ilo sotterraneo tutta la sua produzione giovanile: "dove deve essere rintracciata l'origine di quella cecità che ha portato al crimine della guerra? perché il popolo dei poeti e dei pensatori ha imboccato il vicolo cieco del primo conlitto mondiale?".
La vis polemica di Bloch nei confronti dello storico colpo di tuono emerge dai passi iniziali di 'Spirito dell’utopia', uno studio che – come segnala l'"avvertenza" del 1936 – è stato "sviscerato e realizzato di note contro la guerra". È soprattutto a un intenso brano della "Intenzione" che bloch affida la sua denuncia della barbarie della prima conflagrazione bellica, inquadrandola in uno 'Zeitgeist' di generale immiserimento economico e morale.
Tra le parole che si sono prestate agli usi più difformi e ambigui c'è sicuramente il concetto di progresso. Il motivo del "Fortschritt", che si è affermato nel XVIII secolo in contrapposizione alla visione ciclica propria dell'antichità, era associato all'idea di un incremento della produttività e alla prospettiva di uno sviluppo della storia umana. Questa deinizione positiva del progresso, per la quale al "dopo" corrisponde automaticamente il "meglio", sottende una concezione lineare della storia e rimanda a un modello tipicamente costruttivo. Ma il concetto di Fortschritt ha avuto una vita tutt'altro che pacifica: infatti ben presto si è affacciata prepotentemente sulla scena una visione ben diversa del progresso, che ha messo in crisi l'alone di gloria che sembrava accompagnarlo in dai suoi natali. In pochi luoghi è possibile misurare la crisi di questa gloriosa tradizione come nel capitalismo, dove l'ideologia dell'incremento quantitativo non ha portato ad alcun passo in avanti dal punto di vista qualitativo e in senso umano, ma piuttosto si è risolta in problemi globali e in dinamiche distruttive. Di fronte all'attestarsi di un progresso che è manifestazione di negatività, occorre mettere in guardia da un uso acritico della categoria del Fortschritt. È quanto sostiene Bloch in una conferenza tenuta nel 1955 e pubblicata l'anno successive con il titolo "Differenzierungen im Begriff Fortschritt". Come se non bastasse, sul fronte opposto c'è un'altra deriva da scongiurare: il problema che insorge sull'altro versante è quello di un totale rinnegamento del progresso. Si tratta di un errore teorico in cui molti sono caduti, e che segnala la necessità di una rilessione approfondita su questo tema. L'urgenza di interrogarsi sul "Was ist Fortschritt?" non deriva, per Bloch, dal fatto che il termine progresso sia di per sé poco chiaro e manifesto, ma semmai dal cattivo uso che ne è stato fatto Il primo passo da fare, secondo il programma blochiano di un recupero critico del "progresso", è quello di arginare gli intralci. Sono quei percorsi che sembrano condurre al Tiefenweg dell’Umano, e che invece si rivelano "vicoli ciechi" che non portano a nulla, o che sono costellati da botole che fanno ripiombare il viandante al punto di partenza. Da evitare sono inoltre quelle false piste che conducono in direzione contraria, nel senso opposto rispetto alla dimensione della Selbstbegegnung. Ciò che interessa a Bloch è denunciare le aporie contenute nel concetto stesso di "progresso", facendo afiorare quelle differenziazioni che lo rendono al contempo estremamente fragile ed ambiguo.
C'est dans une de ses analyses les plus suggestives du concept de mort que Lévinas suggère une comparaison entre la pensée de Bloch et celle de Jankélévitch. Et cela, comme l'on sait, bien que Jankélevitch, à l'exception de Schelling, n'ait jamais eu d'intérêt particulier pour la culture allemande et ses auteurs. Le point de départ de ces pages très denses, qu'on lit dans "Dieu, la mort et le temps" (1993), est la relation entre le thème de la mort et le projet que Bloch considère, à l'instar de Jankélevitch, comme la tâche irréalisable à laquelle, pourtant, on ne peut renoncer.
Sguardi al limite : Il tema della soglia nel pensiero letterario di Thomas Bernhard e di Ernst Bloch
(2008)
[...] Nelle riflessioni di Bernhard, come in quelle di Bloch, l'esilità del traciato di confine tra opera ed esistenza contribuisce a determinare profondamente lo statuto stesso della immagine e dello sguardo che la contempla. Di fronte a un'arte che è divenuta terreno incerto, l'occhio dello spettatore non può che muoversi in costante bilico, sull'orlo del precipizio, sulla linea di demarcazione tra il mondo irredento e quel regno outopico che la rappresentazione artistica rivela. Ciò che emerge da entrambe le letture è la consapevolezza della necessità di calarsi nelle crepe e negli abissi della realtà. In fondo questo è uno degli insegnamenti fondamentali di Bloch: è nelle buche e nelle lacune che costellano il terreno dell'esistenza che si annida il possibile sognato. Il confine (lo Zwischenraum) incollocabile, tra vita e arte, deve essere affrontato in tutta la sua problematicità funambolesca, e non tolto per mezzo della creazione di un universo fittizio. La relazione pendolare restituisce il senso della cornice mobile, come consapevolezza della impossibilità di tracciare una fisionomia nitida e definitiva del reale. Sia nella prospettiva di Bemhard sia in quella di Bloch l'immagine che tiene prigionieria l'umanita e l'idea della forma formata, una soluzione definiva posticcia e inautentica. La necessaria contromossa consiste allora nell'affidarsi a uno sguardo inquieto, perché consapevole di un'alterità che sempre sfugge.