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In precedenti saggi ho già evidenziato, analizzando il commercio a lungo raggio e interessandomi del dibattito storiografico sul tardoantico, come l’analisi dei dati archeologici consenta di individuare molte caratteristiche del c.d. "basso impero" e le trasformazioni che avvengono in questo periodo.
In un passo di Angelus Novus, Walter Benjamin ebbe a scrivere, citando Pascal : "'Nessuno', dice Pascal, 'muore così povero da non lasciare nulla in eredità'. Ciò vale anche per i ricordi – solo che essi non sempre trovano un erede". Per Thomas Bernhard può dichiararsi a buon titolo erede solo e proprio colui che si assume il compito di elaborare radicalmente il ricordo del passato, di estinguere una volta per tutte il radicamento all'origine. Nel romanzo Estinzione la memoria è condensata in una serie di immagini fotografiche che s'impongono, si sottopongono, si sovrappongono alla coscienza del protagonista, Franz Josef Murau. Sono la cifra del vincolo con l'origine, che qui è la cittadina austriaca di Wolfsegg: un cordone ombelicale che, attraverso il potere corrosivo del ricordo, deve essere reciso, fi bra dopo fi bra. E, per attendere a questo esito, occorre far cortocircuitare le varie visioni che investono la coscienza di Murau: immagini reali, immagini distorte, immagini sfigurate, immagini riflesse, immagini fotografiche, immagini memoriali, immagini sognate, immagini ideali, immagini dell'inconscio. È dalla lettura di una serie di Bilder che Murau attingerà il coraggio necessario per sobbarcarsi il peso di Wolfsegg, dell'origine che ci è toccata in sorte e che, proprio per questo, "delenda est".
Adorno’s negative dialectics wants to free the thought from the dictates of the system, taking position against the illusion to grasp the essence of reality by logic. Against that false idea of totality, Adorno devises a philosophy of fragment, a logic of disgregation that presupposes a different concept of totality: a fragmented, scattered and conflicting wholeness. The anti systematic thinking of Adorno is configured, however, as a systematic rejection of any systematic formulation: philosophy can at most claiming a pretension to truth by the practice of interpretation. A dialectic configuration of fragments of totality is at stake here: so, the arrangement of such fragments can both produce an image of reality endowed with meaning and also unfold through heterogeneous combinations that are not definitive, but always renewable from time to time. In Adorno’s reflection are so expressed two different instances which are complementary at the same time: on the one hand it represents the critical and negative element against the system and its hybris, on the other hand it expresses the need of the thought to go beyond and overcome that fragmentation, showing how the need of unity of the system is a need of the thought in itself.
Quando, nel 1979, dopo quasi un quarto di secolo di silenzio, Günther Anders decide di raccogliere nel seeondo volume di "Die Antiquiertheit des Menschen", alcuni tra i suoi scritti più significativi, si accorge che la sua intera produzione filosofica non è stata altro che una continua variazione su uno stesso tema. La questione teorica che da sempre ha impegnato la sua ricerca è il configurarsi del rapporto tra uomo e mondo. Un motivo di evidente attualità antropologica, como lo stesso Anders sottolinea già nell'incipit della sua Introduzione: "Questo secondo volume di 'L'uomo è antiquato' e [...] un'antropologia filosofica nell'èra della tecnocrazia". E tuttavia alla tematica più strettamente antropologica vengono esplicitamente dedicate solo alcune pagine del volume, note densissime alle quali Anders affida la sua esplicita tematizzazione di un'antropologia negativa. In realtà, come lo stesso autore confessa in questa sede, i motivi salienti della "Negative Anthropologie" affondano le radici in un terreno fertile e battuto già cinquanta anni addietro, ovvero nella sua concezione giovanile di un'"antropologia filosofica dell'estraniazione".
L'Impero romano d'Occidente e i Barbari : le invasioni e la disfatta economica del V secolo d.C.
(2011)
Gli approfonditi studi che si sono svolti in questi ultimi decenni sul tardo antico hanno
consentito di precisare le caratteristiche del periodo e di generare un acceso dibattito
che, ancora oggi, dilania il mondo accademico che risulta essere smembrato in due
scuole di pensiero: continuisti e catastrofisti. I primi, a seguito della rivoluzione
copernicana di Peter Brown, considerano il tardo antico come un’età di transizione
che segna il graduale passaggio dall’epoca antica a quella medievale. I secondi, al
contrario, giudicano il periodo come un’epoca di cesura e di rottura con il mondo antico.
Appare evidente che la diversa valutazione che si da all’epoca ha portato ad
una distinta considerazione delle invasioni barbariche. Secondo i continuisti, infatti, le
popolazioni che attraversano il confine germanico non provocano alterazioni nella
struttura economica e politica dell’impero romano d’Occidente e affermano che i
barbari si sono semplicemente “accomodati” nel territorio di Roma. Secondo i
catastrofisti, invece, gli invasori hanno causato il declino economico e sociale di
Roma portandola verso la caduta sancita nel 476 d.C.
La sterile controversia, che ancora oggi è attiva nel mondo accademico, non ha
consentito di precisare come i Barbari abbiano alterato il sistema economico romano
poiché le due fazioni non hanno analizzato come gli “invasori” si siano inseriti
all’interno di un apparato consolidato ma fragile.
Il modello che qui si propone è sostanzialmente diverso da quello tradizionale:
non si parlerà di continuità o di rottura ma di una alterazione sostanziale che porterà
alla nascita di un nuovo mondo economico fondato su nuove basi.
Per raggiungere questo scopo si sono analizzate sia le fonti letterarie che
quelle archeologiche in maniera paritetica: nessuna delle due ha prevalso sull’altra in
modo da non far risaltare ne l’idea della continuità ne quella della rottura.