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Im Wissen um eine gemeinsame evolutionäre Vergangenheit scheint die Beziehung zwischen Mensch und Tier neu erzählt werden zu müssen. Bis zum 19. Jahrhundert gestanden Autoren Tieren selten eine menschenähnliche Psyche zu […]. Weil Darwin eine materialistische […] Erklärung der Evolution anbot, in der die Menschen nur ein Tier unter vielen waren, begannen die Wissenschaftler, sich mehr mit den Ähnlichkeiten als mit den Unterschieden von Menschen und Tieren zu befassen. Das war, so Sigmund Freud, allerdings keineswegs harmlos, sondern eine "schwere Kränkung der Eigenliebe des modernen Menschen". Dieser zweiten, der biologischen Kränkung fügte er selbst noch eine dritte, psychologische, hinzu, als er behauptete, "dass das Ich nicht Herr sei in seinem eigenen Haus". Eine Reihe von Texten um 1900 wagen sich auf dieses Terrain, wenn sie das menschliche Bewusstsein selbst fremd werden lassen im Erzählen von Mensch-Tier-Verwandlungen. Es wird im Folgenden also nicht um die lange Tradition der Anthropomorphisierung von Tieren oder Zoomorphisierung des Menschen gehen; nicht um das Fortleben der Fabel, der Satire oder der erzieherischen Rollenprosa. Vielmehr geht es um Erkundungen einer Grenzfigur, des (virtuellen) Bewusstseins und der Seele eines 'Anderen'.
Nessuno scrittore più di Franz Kafka si è inoltrato in quel "mondo inconoscibile" che è la zona di transizione tra l'umano e il bestiale, tra la cosiddetta natura e la cosiddetta cultura, tra la inconsapevolezza e la consapevolezza. L'intera opera kafkiana si muove sotto il segno del passaggio tra animalità e umanità, in una sorta di "assalto al limite". Basterebbe ricordare quel capolavoro che è il racconto La metamorfosi (Die Verwandlung), del 1912, per sottolineare la centralità di questo motivo. Ma, già se si dà un'occhiata ai titoli dei racconti più brevi, come La tana (Der Bau, 1923), Giuseppina la cantante, ossia il popolo dei topi (Josefi ne, die Sängerin oder das Volk der Mäuse, 1924), Indagini di un cane (Forschungen eines Hundes, 1922), ci si rende conto di quanti "quasi animali" affollano la letteratura kafkiana. Le Erzählungen annoverano una nutrita popolazione di fi gure bestiali: insetti, cani, topi, martore, scarafaggi, pantere, avvoltoi, cavalli, talpe, cani, gatti, cornacchie, cammelli e scimmie. Niente di nuovo se si pensa alla favola classica, da Esopo o Ovidio a La Fontaine, che pullula di metafore feriomorfe. E tuttavia – come ha giustamente osservato Günther Stern/Anders nella sua magistrale interpretazione di Kafka pubblicata nel 1951 –, sussiste rispetto alla visione kafkiana una sostanziale differenza. In ambito classico lo scambio tra uomo e animale aveva una chiara funzione didascalica: quella di dimostrare come gli uomini siano animali.