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La delia di tibullo
(1890)
Il pensiero di Günther Stern/Anders (1902-1992) non è mai stato al centro del dibattito filosofico e questo nonostante le sue teorie si siano spesso rivelate tragicamente attuali. C'è da dire che lo stesso Anders ha fatto di tutto per collocarsi in una posizione eccentrica, rifiutando con sdegno e indignazione i compromessi della carriera accademica, prendendo le distanze da alcuni autori che pure rientrano nel suo stesso orizzonte teoretico (Adorno, Arendt, Bloch e Lukács, ad esempio), ma soprattutto sostenendo alcune posizioni estreme e radicali, provocatorie e intransigenti. Un filosofo della esagerazione, potrebbe essere definito, un pensatore che ha programmaticamente eletto il concetto della Übertreibungskunst a sigla del suo metodo speculativo. Era infatti sua ferma convinzione che occorresse deformare per constatare (o anche contestare), per scuotere l'indifferenza di una società dominata e schiacciata dalla tecnica. In un mondo completamente sordo – spiega Anders – si fa necessario urlare le proprie considerazioni affinché arrive all'orecchio di qualcuno almeno una loro flebile eco. Una strategia della esagerazione che ha sortito come effetto quello di fare di lui una "Cassandra della filosofia", un "creatore di panico" o, nel migliore di casi, un pensatore scomodo, che conveniva tenere da parte, confinandolo nella periferie, o magari saccheggiare di nascosto, piuttosto che citare esplicitamente. La delusione per l'ostinata sordità del mondo nei confronti dei suoi ripetuti e disperati appelli ha segnato le sue ultime riflessioni, declinandole in toni aggressivi. Intollerante nei confronti di qualunque compromesso ipocrita, la "filosofia della disperazione" andersiana si è arroccata su toni sempre più aspri e ostinati, intransigenti fino al punto di legittimare persino la violenza con la necessità dell'autodifesa. Non stupisce il fatto che, alla fine della sua esistenza, al suo seguito non ci fosse che uno sparuto gruppo di fans, estimatori che Anders non ha mancato di scoraggiare e deludere, con l'assunzione di posizioni sempre più radicali.
Cominciamo dalla fine. Il passo in cui Radulfus Niger racconta dell’intervento del misterioso Pepo o Pepone nel placito tenutosi in Lombardia alla presenza di Enrico IV è divenuto ormai famoso. Quanti si sforzano di gettare luce sulle origini del rinascimento giuridico medievale, lo hanno letto e riletto indagandone anche i minimi dettagli. Eppure, ogni ulteriore lettura di quel passo sembra proporre motivi di interesse e spunti di riflessione sempre nuovi. ...
Sono brevi ma straordinariamente dense e suggestive le riflessioni che Ernst Bloch dedica alla Madonna Sistina nel corso del suo pensiero filosofico, a partire dalla sua prima opera "Spirito dell'utopia" (1918 e 1923) fino al tardo "Experimentum Mundi" (1974), passando per "Il principio speranza" (1947). Con queste "note a margine", Bloch non solo si inserisce a pieno titolo all'interno del dibattito tedesco novecentesco sullo spessore teorico della Sixtinische Madonna1, ma interpreta il dipinto di Raffaello come exemplum di quella dimensione utopica che innerva il suo pensiero. L'interesse che Bloch dimostra nei riguardi di questa insuperata icona occidentale è stato sicuramente influenzato dall'attenzione che hanno riversato su quest'opera alcuni dei suoi "autori di riferimento": da un lato Schopenhauer e Nietzsche, e dall'altro Goethe e Dostoevskij.
A seguito della rivolta giudaica, svoltasi nel biennio 115 – 117 d.C., la città di Cirene, che rappresentava uno dei punti focali del conflitto, risultava essere in forte declino. Le fonti letterarie e le testimonianze archeologiche rilevano che la polis e il suo territorio furono duramente colpite dal tumulto tanto è vero che la chora fu trovata deserta e i monumenti pubblici furono distrutti. Adriano intervenne con un intenso programma di ricostruzione volto al restauro dei principali monumenti della città come è tramandato dalle numerose testimonianze epigrafiche. L’intervento, però, non riguardò soltanto la ristrutturazione della polis ma comportò, come sarà evidenziato nel corso dello studio, anche la ricostruzione del tessuto sociale. In questo saggio saranno delineati gli interventi che Adriano attua a favore di Cirene e sarà messa in evidenza anche l’ideologia politica, resa esplicita mediante determinate azioni, che sostiene l’azione dell’imperatore. ...
The paper proposes a new understanding of the notion of “aura” as it emerges, including similarities and differences, in the aesthetic thought of Walter Benjamin and Theodor W. Adorno. In particular, the paper shows how, not only in Adorno but already in Benjamin, such a concept designates also the capacity of artwork to refers, by its own internal, to an irreducible otherness. In this perspective, in a world increasingly dominated by a tendency to homologation and mercification – with the resulting identification of art and cultural industry –, contemporary art looks like a continuous oscillation between the will to deny aura and, other times, the awareness of its necessary survival, closely related (in particular, according to Adorno) to the recognition of the need to “save” not only the appearance but also, by that very fact, the aesthetic autonomy.
The paper proposes a comprehensive analysis of the paragraph which Biton, in his work known under the title Construction of Machines of War and Catapults, dedicates to the explanation of the so called σαμβύκη, a kind of scaling ladder on wheels designed by Damios of Kolophon. On the basis of both mechanical and textual considerations the κοχλίας, whose revolving movement produces the oscillation of the ladder, should be interpreted as a cylindrical horizontal roller (like Marsden suggests) and not as a vertical screw (like Lendle thinks). Accordingly, the supporting structure of the machine should be understood much less massive than what has been thought by scholars after Marsden.
Nell’ambito di questo seminario, il mio compito, come da titolo, non consisterà in un’esposizione del progetto, ma in una riflessione sul medesimo, condotta dall’esterno e in linea con gli interessi della ricerca tedesca. Quanto dirò dovrà dimostrare che proprio una riflessione di questo tipo può condurci nei pressi di questioni ero ciali e spesso non sollevate consapevolmente -, le quali concernono intrecci di relazioni scientifiche, afferiscono, di conseguenza, anche al progetto e possono evidenziarne il significato per la storia della scienza tedesca. ...
Nel 1773 il ventiquattrenne Johann Wolfgang von Goethe, forse il più grande scrittore della tradizione letteraria tedesca, pubblicò anonimo un saggio intitolato "Zwo wichtige bisher unerörterte biblische Fragen: Zum erstenmal gründlich beantwortet, von einem Landgeistlichen in Schwaben" ["Due questioni bibliche importanti finora mai discusse: per la prima volta sostanzialmente risolte da un curato di campagna in Svevia"]. In questo testo il giovane Goethe sperimenta molte di quelle invenzioni letterarie che caratterizzeranno la sua opera matura. Il testo si presenta come una lettera scritta da un pastore rurale ad un vecchio amico fidato. Scrivendo in una fredda notte d’inverno, il pastore descrive uno stato di confusione nella mente di suo figlio, provocato dagli studi di teologia che questi aveva compiuto all'università. Questo saggio è il primo lavoro di letteratura, a me noto, nel quale la disciplina degli studi biblici accademici, da poco emergente, essendo stata appena allora introdotta nel curriculum universitario, sia direttamente tematizzata e per di più nel campo della finzione letteraria. Il saggio di Goethe segna un momento importante nella storia culturale e intellettuale. Il saggio è significativo per la sua rappresentazione della disciplina emergente degli studi biblici, per le sue riflessioni sulla relazione tra ebraismo e cristianesimo, tra le nozioni filosofiche di universale e particolare, e per le vicende intellettuali che suscitò dopo la pubblicazione.
Critical Theory offers a new way to understand not only the society, but also the individual. In particular, I will focus on the thought of Adorno and his conception of society.
First, I want to investigate the Adornian description of society in its totalitarian face and in its paradoxical relationship with the individual. The individual, first element of society, without which any society cannot be imaged, paradoxically finds – in the society – its liquidation and destruction.
Secondly, I want to consider the Adornian revolutionary statement in a conversation with Horkheimer of a need of a “New Manifesto”. Do we need it even today? Would be really possible a new Marxian society in our world? The attempt to answer to those questions will conclude my paper.
Le vite de piu eccellenti architetti, pittori e scultori Italiani da Cimabue insigno a'tempi nostri
(1550)
P. 1/2: Prima, e Seconda Parte. Con le Tauole in ciascun volume, Delle cose piu Notabili, De´Ritratti, ... Et dei Luoghi doue sono lópere loro P. 3, Vol. 1: Delle Vite deà piv eccellenti pittori scvltori Et Archiettori ... Primo volume della terza parte P. 3, Vol. 2: Delle Vite deà piv eccellenti pittori scvltori Et Archiettori ... Secondo, et vltimo volume della terza parte. Nel quale so comprendano le nuove vite, dall'anno 1550 al 1567 ; con una breue memoria di tutti i piu ingegnosi artefici che fioriseano al presente nell'accademia del disegno in Fiorenza ...