BDSL-Klassifikation: 17.00.00 20. Jahrhundert (1914-1945) > 17.18.00 Zu einzelnen Autoren
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Dějiny šlechtického rodu Lichnowských otevírají vhled do evropského kulturního panoramatu od poslední čtvrtiny 18. století až do konce první poloviny 20. století. Členové této knížecí rodiny se proslavili nejen svou vlastní literární a hudební tvorbou, ale také kulturními kontakty se soudobými umělci. Taktéž biografie kněžny Mechtildy Lichnowské (1879–1958) je protkána přátelstvími s německy a anglicky píšícími autory, hudebními skladateli a v neposlední řadě soudobými malíři. Předložená studie navazuje na dlouhodobý výzkum zabývající se fenomenální kulturní kontinuitou šlechtického rodu Lichnowských a přibližuje kontakty kněžny Mechtildy Lichnowské a Hugo von Hofmannsthala. Přátelství obou autorů bylo formováno jejich literárními a hudebními zájmy, jež ovlivňovaly vzájemnou, umělecky podnětnou výměnu názoru. Reflexe dramatické tvorby Hugo von Hofmannsthala a obraz jejich několika setkání, zachycený ve vzájemné korespondenci, doplňují mozaiku informací o literární tvorbě, kontaktech, názorech a uměleckém vývoji obou spisovatelů.
Jednou z hlavních úloh poezie je zprostředkování emocí. Ĉlánek poukazuje na jazykové prostředky, kterými jsou vyjádřeny emoce v básních Güntera Grasse a Bertolda Brechta. Textově lingvistická analýza je zaměřena především na slovotvorné konstrukce a jejich podíl na konstituci textu a kódování emocí.
In der Literatur hat sich die Bestimmung der Erzählperspektive längst etabliert, aber genauso manifestiert sich auch in den visuellen Medien ein Erzähler, der das Geschehen zwar weniger mittels der Sprache, dafür im Wesentlichen über Bilder präsentiert. Durch die jeweils darin enthaltene Darstellung und die Verknüpfung der einzelnen Bilder sind diese Ausdruck einer bewussten Formung der Handlung. Der Begriff des Erzählens beschränkt sich somit nicht nur auf die Literatur, sondern trifft auch auf Visualisierungen jeglicher Art zu, da in diesen Fällen ebenso eine Instanz identifiziert werden kann, die hinter der Auswahl der Handlungselemente steht und diese perspektivisch formt. Dennoch kann der Erzähler hier nicht mehr, wie in der Literatur, im Sinne eines "Sprechers" aufgefasst werden, sondern versteht sich eher als abstraktes Konzept. Insbesondere in intermedialer Hinsicht stellt die Übertragung der Erzählperspektive von einem literarischen Text auf ein visuelles Medium eine Herausforderung dar, denn aufgrund des Medienwechsels verändern sich die Bedingungen des Erzählens. Umso schwieriger ist die Übertragung, wenn der literarische Text keinen durchweg logischen Handlungsverlauf aufweist, sondern Widersprüche und Uneindeutigkeiten im Erzählvorgang und in der Erzählperspektive beinhaltet, wie es auf Franz Kafkas 1914 entstandene Erzählung "In der Strafkolonie" zutrifft. Dieser Text dient zudem, wie auch viele andere von Kafkas Werken, als Projektionsfläche diverser, nicht selten konträrer, Deutungsansätze, die sich in der Forschungsliteratur herausgebildet haben. So wurden zahlreiche religiöse Bezüge in der Erzählung entdeckt, genauso wurde der Text aber als realistisch und somit als Kritik an Kolonialismus und Krieg verstanden. Bezug nehmend auf Kafkas Biographie und das Thema Strafe, das in zahlreichen seiner Werke zum Ausdruck kommt, wurde die Erzählung oftmals in psychoanalytischer Hinsicht gedeutet. Andererseits wurde die beschriebene Handlung auch weniger ernst genommen und vor allem auf die grotesken und ironischen Elemente verwiesen. Im Hinblick auf die unterschiedlichen Interpretationsansätze sind auch die Möglichkeiten der visuellen Umsetzung entsprechend vielfältig.
In dieser Arbeit wird anhand von drei Kurzfilmen und einem Comic, unter Berücksichtigung der spezifischen medialen Bedingungen, die Übertragung der Erzählung ins Visuelle analysiert. Dabei soll gezeigt werden, inwiefern die jeweilige Erzählperspektive die visuelle Wahrnehmung in den Filmen und im Comic bestimmt. In diesem Zusammenhang wird auch zu sehen sein, welche Deutung der Erzählung sich in der Visualisierung manifestiert und durch den Erzähler besonders hervorgehoben wird. Nicht zuletzt stellt sich dabei auch die Frage nach der Art der Umsetzung, d.h. ob bei der Adaption die Textnähe und der Inhalt im Vordergrund stehen oder ob vielmehr die Intention verfolgt wird, mit der Visualisierung der Erzählung ein neues und eigenes künstlerisches Werk zu schaffen, das dem Originaltext auf einer tiefergehenden Ebene begegnet.
Quanto narrato da Franz Kafka nella Colonia penale (In der Strafkolonie, 1914) è forse troppo noto per raccontarne la trama. Mi limito a ricordare l'essenziale di questo racconto, che è uno die pochi pubblicati dall'autore in vita. Un viaggiatore approda, nel corso di una sua esplorazione, in una terra di nessuno, tra il noto e l'ignoto, tra il familiare e il perturbante. Si tratta di un’isola tropicale che è sede di una colonia penale. I Tropici di Kafka non presentano nulla di esotico; sono piuttosto il luogo della extraterritorialità par excellence, di una "civiltà" arcaica amministrata da una legge brutale, disumana e palesemente ingiusta. Lo strumento di questa "barbarie" è una macchina omicida, che prima era in auge, ma che ormai – essendo stata messa al bando dal nuovo comandante della colonia – ha assunto le sembianze di un relitto del passato. Rispetto a questo vecchio macchinario, che associa al dolore fisico l'ordine sociale, si sta infatti ormai affermando un nuovo paradigma, simbolo di un sistema più moderato. Il funzionamento dell'apparecchio in dismissione, posto in un insolito campo di sperimentazione, viene illustrato all'esploratore da parte di uno zelante oratore. È un ufficiale, orgoglioso e fedele custode "nei tempi nuovi" del macchinario di ieri, ma soprattutto convinto avvocato difensore della tecnica come barbarie.
L'intera riflessione filosofica di Günther Stern/Anders si snoda intorno al motivo della indeterminatezza costitutiva dell'essere umano che non riesce mai a cogliere la propria essenza in un nucleo definito e stabile, ma soltanto nell'accettazione della propria irriducibile contingenza. È questo il cuore di quell'antropologia negativa che Anders aveva già abbozzato nell'ambito di una conferenza tenuta nel 1929 presso la "Kantgelleschaft" di Francoforte e dal titolo "Die Weltfremdheit des Menschen" (fino a poco tempo fa disponibile solo nella versione francese, da cui è stata mutuata la versione italiana: La natura dell’esistenza e Patologia della libertà). Questo scritto giovanile - che nella intenzione originaria doveva essere solo il primo
passo di un sistema di antropologia filosofica - abbozza in sorprendente anticipo rispetto ai tempi e in maniera del tutto autonoma motivi che diventeranno correnti dopo le riflessioni antropologiche di Plessner e di Gehlen. Al centro dell'argomentazione andersiana sono infatti i temi dello "sradicamento", della "contingenza" e della "vergogna (Scham)" costitutiva all'essere umano che non può mai padroneggiare la propria origine.
Il pensiero di Günther Stern/Anders (1902-1992) non è mai stato al centro del dibattito filosofico e questo nonostante le sue teorie si siano spesso rivelate tragicamente attuali. C'è da dire che lo stesso Anders ha fatto di tutto per collocarsi in una posizione eccentrica, rifiutando con sdegno e indignazione i compromessi della carriera accademica, prendendo le distanze da alcuni autori che pure rientrano nel suo stesso orizzonte teoretico (Adorno, Arendt, Bloch e Lukács, ad esempio), ma soprattutto sostenendo alcune posizioni estreme e radicali, provocatorie e intransigenti. Un filosofo della esagerazione, potrebbe essere definito, un pensatore che ha programmaticamente eletto il concetto della Übertreibungskunst a sigla del suo metodo speculativo. Era infatti sua ferma convinzione che occorresse deformare per constatare (o anche contestare), per scuotere l'indifferenza di una società dominata e schiacciata dalla tecnica. In un mondo completamente sordo – spiega Anders – si fa necessario urlare le proprie considerazioni affinché arrive all'orecchio di qualcuno almeno una loro flebile eco. Una strategia della esagerazione che ha sortito come effetto quello di fare di lui una "Cassandra della filosofia", un "creatore di panico" o, nel migliore di casi, un pensatore scomodo, che conveniva tenere da parte, confinandolo nella periferie, o magari saccheggiare di nascosto, piuttosto che citare esplicitamente. La delusione per l'ostinata sordità del mondo nei confronti dei suoi ripetuti e disperati appelli ha segnato le sue ultime riflessioni, declinandole in toni aggressivi. Intollerante nei confronti di qualunque compromesso ipocrita, la "filosofia della disperazione" andersiana si è arroccata su toni sempre più aspri e ostinati, intransigenti fino al punto di legittimare persino la violenza con la necessità dell'autodifesa. Non stupisce il fatto che, alla fine della sua esistenza, al suo seguito non ci fosse che uno sparuto gruppo di fans, estimatori che Anders non ha mancato di scoraggiare e deludere, con l'assunzione di posizioni sempre più radicali.
Un titolo quale "Dialettica negativa e antropologia negativa" sembrerebbe preannunciare un lavoro di confronto tra Th. W. Adorno e Ulrich Sonnemann, sulla scia di una indicazione mutuata dalla "Introduzione" di "Dialettica negativa" (1966). E invece, disattendendo una simile aspettativa, la "Negative Anthropologie" cui ci si riferisce in questo saggio è quella di Günther Stern/Anders. L’idea di un confronto tra le due prospettive nasce dalla curiosità di capire la corrispondenza tra la "dialettica negativa" e l'"antropologia negativa", laddove con il secondo sintagma si intende la concezione andersiana di un'umanità inadeguata al mondo. Che poi non si tratti di una stranezza ma di un interrogativo legittimo lo conferma, indirettamente, lo stesso Adorno, che in una nota contenuta nella sezione della "Dialettica negativa" dedicata alla lettura del pensiero di Heidegger, chiama in causa proprio la lezione di Anders.
Quando, nel 1979, dopo quasi un quarto di secolo di silenzio, Günther Anders decide di raccogliere nel seeondo volume di "Die Antiquiertheit des Menschen", alcuni tra i suoi scritti più significativi, si accorge che la sua intera produzione filosofica non è stata altro che una continua variazione su uno stesso tema. La questione teorica che da sempre ha impegnato la sua ricerca è il configurarsi del rapporto tra uomo e mondo. Un motivo di evidente attualità antropologica, como lo stesso Anders sottolinea già nell'incipit della sua Introduzione: "Questo secondo volume di 'L'uomo è antiquato' e [...] un'antropologia filosofica nell'èra della tecnocrazia". E tuttavia alla tematica più strettamente antropologica vengono esplicitamente dedicate solo alcune pagine del volume, note densissime alle quali Anders affida la sua esplicita tematizzazione di un'antropologia negativa. In realtà, come lo stesso autore confessa in questa sede, i motivi salienti della "Negative Anthropologie" affondano le radici in un terreno fertile e battuto già cinquanta anni addietro, ovvero nella sua concezione giovanile di un'"antropologia filosofica dell'estraniazione".
The parallel between the novels "Berlin Alexanderplatz" and "Grande Sertão: Veredas" was first drawn within the Brazilian literary criticism in a comment made by Davi Arrigucci Jr. With the intent of pursuing the discussion raised by the author, this article proposes a more detailed analysis of the elements which define both texts as representative works of the modern novel discourse. The analysis focuses on the movements which characterize the trajectories taken by the protagonists Franz Biberkopf and Riobaldo, with a view on the characters' transit in space, as well as emotionally, and also in regard to the transit that operates the narration within both novels. In this light, the article outlines the particularities which situate both novels within the tradition that associates them with the books "Wilhelm Meisters Lehrjahre" and "L’Éducation Sentimentale".
Ziel dieses Beitrags ist, anhand der Interpretation der Schrift "Das Ich über der Natur" (1927) ein kleines Bild des Naturphilosophen Alfred Döblin zu skizzieren. Es geht um eine Facette des berühmten Autors des Romans "Berlin Alexanderplatz", die auch in Deutschland bis jetzt sehr wenig Aufmerksamkeit erfuhr und daher immer von seinen fiktionalen Werken überschattet blieb. Nach dem Ersten Weltkrieg begann die Phase von Döblins intensivem Philosophieren über die Natur. Bestimmte Fragen, wie etwa die Frage nach der Rolle des Menschen in der Natur und die Frage nach einem gerechten Handeln stehen im Zentrum seiner naturphilosophischen Abhandlungen der zwanziger Jahre. Die Schrift "Das Ich über der Natur", die 1927 im Fischer-Verlag veröffentlicht wurde, ist eben die erste ausgearbeitete Abhandlung der Döblinschen naturphilosophischen Spekulationen. Darin versucht Döblin einige Begriffe wie "Ur-Ich" und "Ur-Sinn" als höchste Naturinstanz zu erörtern.
A fortuna crítica sobre Franz Kafka é pródiga em relacionar o modo de o escritor construir sua narrativa e algo dos próprios temas com a produção kleistiana. Como uma forma de refletir sobre isso, atentarei para dois críticos que expuseram aspectos desta relação em solo brasileiro: Otto Maria Carpeaux e Luiz Costa Lima. Distados várias décadas, os dois parecem, contudo, possuir certas linhas de confluência na abordagem kleistiana da obra de Franz Kafka. Após expor aspectos da relação Kleist-Kafka nos recortes da crítica brasileira, buscarei referências a Kleist em textos não literários de Kafka com a finalidade de encontrar neles um fundamento para o que é afirmado pelos críticos tratados neste ensaio.
Este artigo sobre as relações ambivalentes entre Musil e Freud procede em três etapas. Na primeira, analisamos as intuições psicanalíticas de Musil no seu primeiro romance, "O jovem Törless". Os 'insights' psicológicos do romancista acompanham e antecipam as descobertas clínicas do pai da Psicanálise. A segunda se debruça sobre os trabalhos seminais (Corino, Henninger, entre outros) que veem as reservas de Musil diante de Freud como resistências sintomáticas e evidenciam a determinação inconsciente de sua obra. A terceira expõe outras razões (estéticas e teóricas) para a reserva do artista. Estas não excluem, mas se adicionam às resistências sintomáticas. Musil dispõe de um referencial científico e matemático, filosófico e estético diferente da Psicanálise; ele se manifesta no projeto sui generis das novelas "Uniões" (a segunda obra de Musil após o "Törless").
A relação pai-filho é uma das pedras angulares da pesquisa psicanalítica. Este artigo examina tal relação, assim como se apresenta no romance "Zipper und sein Vater" (1928, "Zipper e seu pai"), de Joseph Roth, em um contexto histórico e psicossocial relevante. Traçando um paralelo entre a figural paternal do Imperador Austro-Húngaro, Franz Joseph, e o pai de Arnold Zipper, e valendo-se da experiência pessoal do narrador (e do próprio Roth), o artigo apresenta uma análise da importância da figura e as consequências devastadoras de sua ausência.
O presente artigo objetiva reavaliar a questão intermedial do expressionismo referente à "Da aurora à meia-noite", obra destacada de Georg Kaiser. O texto, escrito entre 1912 e 1915, e publicado em 1916, foi encenado em inúmeros teatros a partir de 1917. Em 1920, o diretor Karl Heinz Martin realizou sua transposição para o medium fílmico. A primeira parte do presente estudo analisa a forma textual de "Da aurora à meia-noite" entre tradição teatral e possíveis adaptações de técnicas cinematográficas. A seguir, investiga-se o aspecto visual de sua encenação no âmbito da nova visualidade expressionista no teatro, enquanto que a terceira parte se ocupa do filme "Da aurora à meia-noite" no contexto da permanente discussão sobre o chamado cinema expressionista
Musil uses the word 'Dichter', 'poet', as a dignified title reserved for artists of great achievement (different from 'Schriftsteller', 'writer'). His use of the word emphasizes the importance of the specifically poetic qualities of literature (and of the poetic sensibility of criticism,) not as an idle objection to the contemporary merging of literary works with either pure sensation and feeling, or with other forms of discourse. Focusing on "Törless", as well as on Musil's notebooks and essays, this article shows how Musil understands the relationship between rational thinking and the latent ideas and thoughts that emerge within the poetic dimension (the 'other state of mind' or 'other condition.') This approach illuminates Musil's conception of "precision and soul" - the interlocking of sensitive perceptiveness and intellectual rigor - as a necessary pre-condition for valuable literature and valuable life.
Mais do que um princípio formal, a noção de ensaísmo de Robert Musil adquire o duplo estatuto de uma "utopia" e de uma atitude diante da realidade. É esse duplo viés que permitirá à arte preservar-se como potência crítica e epistemológica num contexto de crise cultural e de valores na Europa no início do XX. Este artigo aborda a noção de ensaísmo de Musil a partir de seus textos críticos e de seu romance "O homem sem qualidades", demonstrando como as idéias expostas no registro estritamente "ensaístico" se configuram no âmbito da representação poética, consumando assim a "utopia" pretendida pelo autor, de fundar novas relações entre as esferas da razão e do sentimento, da ciência e da arte, da objetividade e da subjetividade.
In seinem umstrittenen Erstlingswerk, "In Stahlgewittern" (1920), schreibt Ernst Jünger dem Ersten Weltkrieg weniger explizit einen ideologischen Sinn zu, als er ihn indirekt durch eine intensiv metaphorische Sprache mit Bedeutungen auflädt. Jünger codiert den Krieg in 32 bildlichen Sequenzen, die sich in den Feldern der Natur, der menschlichen Praxis, der Kultur und der Anthropomorphie verorten. Diese Sprachbilder lassen sich nach Typen differenzieren und in ihrer Dichte, Relation, Interferenz und Variation beschreiben. Dadurch dass dieselben Bilder auf beide Kriegsparteien angewandt werden, relativieren sie deren Gegensatz. Indem die Metaphern mit ihren realen Entsprechungen, mit sprechenden Namen und mit stereotypen Jargons konfrontiert werden, tritt ihre Künstlichkeit zutage und wird ihre epistemische Funktion deutlich. Die implizite Bedeutungs-Zuschreibung, die diese Metaphoriken erzielen, ist keineswegs einsinnig als Ästhetisierung oder Verherrlichung bzw. als kohärente faschistische Ideologie zu fassen. Die einzelnen Codes sind ungleichmäßig subtil, sie erzeugen verschiedene Bedeutungen, und sie konnotieren abweichende politische Positionen; sie geraten miteinander in Überschneidung und zueinander in Widerspruch. Es entsteht eine widerständige Semantik, die als Symptom einer Verunsicherung lesbar ist.
O estilo em Alfred Döblin
(2010)
O objetivo do presente artigo é apresentar alguns aspectos teóricos postulados pelo escritor alemão Alfred Döblin em seus ensaios ao desenvolver sua própria concepção da obra épica na "era da técnica" à luz de questões estilísticas, propondo conceitos como "estilo cinematográfico", "despersonalização", "fantasia factual" e "fantasia cinética". Para uma delimitação conceitual em relação à noção de "estilo", serão tomadas por base as considerações de Antoine Compagnon, postuladas na obra "O demônio da teoria" (1999), bem como as reflexões de Walter Benjamin, presents na resenha "A crise do romance" (1930) e no ensaio "O narrador" (1936).
Ziel des folgenden Beitrags ist es zu zeigen, dass der Roman Alfred Döblins "Berge, Meere und Giganten" von 1924 eher im Kontext der jüngst im Rahmen der politischen Ökologie entstandenen Tendenz zur Abschaffung und Überwindung von Naturvorstellungen zu positionieren ist, als dass er selbst Naturmodelle anzubieten hätte. Nach einer kurzen Einführung in die politische Ökologie Bruno Latours (1) wird versucht darzustellen, dass die zwei gängigsten Naturkonzepte der feindlichen bzw. der harmonischen Natur politische Implikationen beinhalten (2). Anschließend wird das Naturkonzept, welches Döblin in seinen naturphilosophischen Schriften (3) sowie in seinem Roman entwickelte (4), skizziert, wobei v. a. Döblins Abkehr von einer in Natur und Gesellschaft getrennten Weltvorstellung betont werden soll. Zuletzt ist das Konzept der Transformation als für den Roman wesentlich auszuweisen und einer Abkehr von der Natur eine Abkehr vom Subjekt zur Seite zu stellen (5).
Rezensionen zu:
- BINDER, Hartmut (2007): Mit Kafka in den Süden. Eine historische Bilderreise in die Schweiz und zu den oberitalienischen Seen. Prag: Vitalis, ISBN 978-3-89919-058-8, 418 S.
- BINDER, Hartmut (2008): Kafkas Welt. Eine Lebenschronik in Bildern. Reinbek: Rowohlt, ISBN
978-3-498-00643-3, 687 S.
- JAGOW, Bettina von/JAHRAUS, Oliver (Hrsg.) (2008): Kafka-Handbuch. Göttingen Vandenhoeck &
Ruprecht, ISBN 978-3-525-20852-6, 576 S.
- KOCH, Hans Gerd (2008): Kafka in Berlin. Eine historische Stadtreise. Berlin: Wagenbach, ISBN 978-3-8031-1252-1, 136 S.
- PRINZ, Alois (2007): Auf der Schwelle zum Glück. Die Lebensgeschichte des Franz Kafka. Frankfurt am Main: Suhrkamp, ISBN 978-3-518-45894-5, 392 S.
- SALFELLNER, Harald (2007): Franz Kafka und Prag. Prag: Vitalis, ISBN 978-3-89919-077-9, 336 S.
- SELG, Peter (2007): Rainer Maria Rilke und Franz Kafka. Lebensweg und Krankheitsschicksal im 20. Jahrhundert. Dornach: Pforte, ISBN 978-3-85636-175-4, 292 S.
- STACH, Reiner (2008): Kafka. Die Jahre der Erkenntnis. Frankfurt am Main: S. Fischer, ISBN
978-3-10-075119-5, 729 S.
- WITTE, Bernd (2007): Jüdische Tradition und literarische Moderne. Heine – Buber – Kafka – Benjamin. München: Carl Hanser, ISBN 978-3-446-20845-2, 271 S. (S.141-204).
Das Exil in Zeiten des Faschismus macht notwendig erfinderisch. Bertolt Brechts Exilwerk ist geprägt durch Strategien und Techniken der Identitätssicherung durch Satire, Witz, Gewitztheit. Die subversive Kraft des Schelmischen, wie es im Werk Bachtins theoretisch produktiv gemacht wurde, zeigt sich in nahezu allen Texten Brechts aus jenen Jahren. Sein Stück "Schwejk im Zweiten Weltkrieg", Resultat einer langjährigen Auseinandersetzung mit Hašeks Werk, lässt wie in einem Brennspiegel erkennen, wie Brecht literarische Tradition aktualisiert und als Erfolg versprechende Form des literarischen Widerstands einsetzt. Identität wird hier durch die Ambivalenz des Schelmischen gesichert, ohne dabei permanente Gefährdung dieser Identität zu verschweigen.
Der historische Kontext eines literarischen Textes, so lautet eine Kernthese jeder Hermeneutik in rekonstruierender oder dekonstruktiver Absicht, ist das Andere der ästhetischen Struktur dieses Textes: Er verstellt, mit anderen Worten, den Zugang zum literarischen Text als Kunstwerk. Dieser These wird hier am Beispiel der 'chinesischen' Erzählungen Franz Kafkas widersprochen. Der Beitrag führt vor, wie gerade aus der kalkulierten Einfügung eines Erzähltextes in den kulturellen Kontext seine spezifische ästhetische Form gewonnen wird.
Im Rahmen der seit 1916 veröffentlichten über 70 Erzählungen Urzidils markiert "Die Frau mit den Handschuhen" eine Endphase, in welcher der im New Yorker Exil lebende Autor wieder verstärkt seine böhmische Herkunft thematisiert. Seine liebevolle und zugleich äußerst präzise Hinwendung zum eigenen familiären Hintergrund, authentisch oder fiktional, dient nicht einer verklärend-nostalgischen Rückschau, sondern deckt gravierende Probleme und Defizite im individuellen wie im gesellschaftlichen Leben seiner Protagonisten in der 2. Hälfte des 19. Jahrhunderts auf. Der viel spätere Verlust der Heimat wurzelt, so eine mögliche Deutung, bereits hier im Scheitern von Liebe und Kommunikation zwischen konkreten Personen ebenso wie zwischen sozialen und nationalen Gruppen.
Der 1889 in Brünn geborene Schriftsteller Oskar Jellinek verbrachte die größte Zeit seines Lebens in Wien, bevor er 1938 ob seiner jüdischen Herkunft in die USA emigrieren musste, wo er 1949 verstarb. Zu seinen überschaubaren literarischen Hinterlassenschaften zählen neben Gedichten und einem Romanfragment vor allem Novellen. In klassischer Manier behandelt Jellinek dort moralische Themen. Wie andere seiner österreichischen Zeitgenossen reagierte er damit auf die Verunsicherungen, die der Zerfall der k.u.k. Monarchie mit sich gebracht hat. Die mährische Landschaft, in der die Mehrzahl seiner Novellen angesiedelt sind, fungiert dabei als Projektionsfläche für die in Frage stehenden Werte, wobei besonders die Gegensätze Natur vs. Kultur und Mann vs. Frau moralische Aufladung erfahren.
Wie ersichtlich gehört Saiko zu jener Schriftstellergeneration der Zwischenkriegszeit, deren Jugendjahre in die Zeit vor dem Ersten Weltkrieg fallen. Mit seiner Romandarstellung unterscheidet er sich trotz der prinzipiellen Ähnlichkeiten in wichtigen Punkten von seinen Zeitgenossen. Diese Details werden von Klaus Kastberger in seinem Artikel Einsam auf dem Floß. Wohin treibt George Saiko (Kastberger 2003: 9) in folgenderweise hervorgehoben: Obwohl die Autoren Robert Musil, Franz Kafka und James Joyce oftmals Bezugsautoren für George Saiko bildeten, grenzt Saiko sich in den wichtigsten Einzelheiten von ihnen ab, denn wie Kastberger auch erwähnt, wird alles, was in die Figuren 'hineingepackt' ist, im Laufe der Darstellung erzählerisch 'ausgepackt'. Treffender lässt es sich sagen, George Saiko hätte nicht wie Musil, Kafka und Joyce geschrieben, sondern er versucht in seinem Roman Auf dem Floß (Saiko 1980), ein Seelenpanorama der Hauptfigur zu zeichnen. Mit dem Leitgedanken der Freudschen Theorien schildert Saiko eine andere Realität und zeichnet sie in seinen Romanen nach. Das Aufschließen der menschlichen Seele, die Gründe und Abgründe des menschlichen Verhaltens werden anhand von Saikos Romancharakteren ans Licht gebracht. In seinem Roman wird der Zerfall anhand menschlicher Triebe dargestellt.
[W]elche Rolle spielen […] Mythen in der Literatur? D.h. welche Funktionen sind mit der Rezeption von Mythen verknüpft? Diese allgemeine und einfache Fragestellung wird im Rahmen der vorliegenden Arbeit dahingehend präzisiert, dass die Bedeutungsgehalte der Mythenkomplexe in den beiden Nachkriegsromanen 'Hamlet oder Die lange Nacht nimmt ein Ende' (1946) von Alfred Döblin und 'Nekyia. Bericht eines Überlebenden' (1947) von Hans Erich Nossack auf ihre Affinität zum Geschlechteraspekt hin befragt werden. Dieser Ansatz bietet sich ganz besonders an, weil Mythen als Teil des kulturellen Gedächtnisses und somit als kulturelle Repräsentationsformen überhaupt Geschlechterverhältnisse sowie Geschlechterrollen mitprägen und demzufolge bei der Erzeugung der Geschlechterdifferenz mitbestimmend werden. Diese beiden Romane behandeln zunächst zeitgeschichtliche Problemfelder, d.h. sie setzen sich primär mit der Kriegs- bzw. Schuldfrage auseinander. Allerdings erfährt diese Fragestellung eine tiefgreifende Transformation, denn bemerkenswerterweise werden hier mithilfe der Rezeption von bestimmten Mythenkomplexen Geschlechterdiskurse, genauer Weiblichkeitsdiskurse zum Tragen gebracht, die der anfänglichen Thematik von Krieg und Schuld einen gänzlich anderen Akzent verleihen.
Im Folgenden soll es zunächst darum gehen, den Mythos aus kulturwissenschaftlicher sowie mythostheoretischer Perspektive einzuordnen. Anschließend werde ich mich auf die Analyse der genannten Romane konzentrieren.
Rezension zu Döblin, Alfred, Berlin Alexanderplatz. trad. Irene Aron. São Paulo: Martins, 2009.
Although Heinrich Eduard Jacob visited Brazil in 1932, having written various articles about this trip in particular, and later three books on Brazilian issues, he is almost unknown in Brazil. The following paper, therefore, focuses on the biography of the journalist and writer and his Brazilian books "Hothouse South America" (1934), "Coffee. The Epic of a Commodity" (1935) and "Estrangeiro. Einwandererschicksal in Brasilien" (1951). Furthermore he is put in context with other German-speaking authors who wrote about Brazil in the thirties and forties. These were mainly émigrés fleeing the Nazism such as Stefan Zweig, Richard Katz, Wolfgang Hoffmann-Harnisch, Frank Arnau and Marte Brill. Regarding the image of Brazil espoused by Jacob, it becomes clear that he, as so many other authors, saw in Brazil a "Land of a future" (as he called it) and an alleged existing "racial democracy". Nevertheless, he doesn’t refrain from revealing the proverbial Brazilian cordiality to be only appearance and from pointing out existing difficulties such as the politics regarding the coffee and the negative consequences of the nationalism promoted by the Vargas-Regime. By doing so, he took a view that opposed the one of his friend Stefan Zweig.
Poucas obras marcaram tanto o imaginário acerca do Brasil como o livro de Stefan Zweig intitulado "Brasil – um país do futuro", escrito nos anos 1940. No entanto, não obstante a fama desse livro e de sua visão de um Brasil harmonioso, não se deve esquecer que existem livros de outros autores de língua alemã, escritos nessa mesma época, com visões e interpretações acerca do Brasil divergentes daquelas reveladas por Zweig. Neste artigo, são abordados alguns aspectos da imagem do Brasil presentes no "Romanceiro Brasileiro", de Ulrich Becher – um autor relativamente negligenciado pelos estudos germânicos. Zweig, na procura por benesses do governo de Getúlio Vargas, demonstra uma tendência de ocultar possíveis conflitos que poderiam ameaçar a harmonia que ele acredita ter encontrado no Brasil. Ao contrário disso, Becher – para quem esse país foi apenas um lugar de passagem - destaca justamente as contradições e dissonâncias presentes, focalizando aspectos conflitantes com uma imagem idílica, como os grandes problemas e injustiças sociais, e chega, assim, a elaborar uma imagem talvez mais plausível do Brasil.
Goethe e Brecht em diálogo
(2008)
O propósito desse trabalho é tecer um paralelo entre os prólogos do "Faust I", o "prólogo no céu" de Goethe e o prólogo da peça de Brecht "Der gute Mensch von Sezuan". A análise comparativa dos dois textos oferece subsídios para se afirmar que Brecht cria uma paródia do prólogo goethiano, procedimento que será interpretado como uma das características da literatura do século XX. Tal recurso de intertextualidade e de recriação será visto como uma forma de caracterizar o presente amorfo a partir do confronto e da analogia, com visão crítica, de uma obra consagrada da tradição.
Wenn "Der Marques de Bolibar" hier […] in eine Reihe mit bedeutenderen Texten gestellt wird, bedarf das einer Begründung. Die erzähltheoretische Frage nach der Motivation von Geschehen betrifft den narrativen Aufbau literarischer Werke, nicht ihren ästhetischen Wert. In den vier bislang untersuchten Texten war der Aufbau einer doppelten Welt beziehbar auf umfassendere metaphysische, ästhetische, sozialhistorische und psychologische Probleme. Auch im "Marques de Bolibar" werden zwar gewichtige Themen und Motive verwendet – der Ewige Jude tritt auf, es geht um Apokalypse und kollektiven Wahn. Diese Elemente werden jedoch nur als Versatzstücke verwendet und erschöpfen sich in ihrer narrativen Funktion. Andererseits: Gerade weil er kein "Loch in den Bauch der Welt reden" wollte und sich auf das Handwerk einer durchdachten Handlungsfügung beschränkte, gelang es Perutz, unter allen fünf Autoren die doppelte Motivationsstruktur am prägnantesten auszuarbeiten. Während die Erzählstruktur der doppelten Welt bei Goethe der Auseinandersetzung mit romantisch-metaphysischem Wirklichkeitsverständnis diente, bei Hoffmann eine verdeckte Poetik ausdruckte, bei Vischer psychopathologischen und bei Mann regressiven Hintersinn er-öffnete, ist sie bei Perutz nurmehr Instrument zur Befriedigung gehobenen Unterhaltungsbedürfnisses. Diese unterschiedlichen Funktionen derselben narrativen Struktur werden am Schluß noch ausführlicher zu erörtern sein.
"DER ZECH. So heißt ein in Kohlenbergwerken lebender Höhlenkäfer, wo er das einförmige Geräusch. der Spitzhacke mit seinem guten Takte begleitet. In den belgischen Gruben nannten die dortigen Leute den Zech auch Verhaeren." Als Franz Blei 1922 in seinem "Großen Bestiarium der modernen Literatur" den Schriftsteller Paul Zech karikierte. konnte er voraussetzen. daß seine Leser die Anspielung auf Zechs charakteristisches Thema verstanden. Wie kein anderer in Deutschland galt Zech Anfang der zwanziger Jahre als Dichter der industriellen Arbeitswelt, besonders des Bergbaus. Doch seine literarische Laufbahn ist durch die nationalsozialistische Herrschaft unterbrochen. die Wirkung des Werks nachhaltig gestört worden. Heute ist er aus dem allgemeinen literarischen Bewußtsein fast verschwunden und, wenn überhaupt, eher durch Neuveröffentlichungen des späteren Exilwerks bekannt.
Karl Lieblichs Lebengeschichte ist die eines weitgehend vergessenen, deutsch-jüdischen Dichters, der das nationalsozialistische Deutschland verließ, um ins brasilianische Exil zu gehen, und nach dem Krieg nach Deutschland zurückkehrte. Dieser Artikel setzt sich das Ziel, sein Leben nachzuzeichnen, seine literarischen und kulturphilosophischen Werke zu analysieren und in die Zeit einzubetten.
The poem "Zurich, zum Storchen" by Paul Celan is often read as a document on the tension between Celan and Nelly Sachs, which resulted particularly from their different attitudes to the Shoah. However if the poem is read in connection with the cycle "Die Niemandsrose" and with Celan’s poetological thinking at this time, Celan’s opposite standpoint means much more than a theological discussion: it serves for the affirmation of human presence.
The article studies the German-speaking poetess Nelly Sachs, who received the Nobel-Prize for literature in 1966, together with Shmuel Agnon. In order to shed light upon the behind the decision of the jury, an overview on life and work of the author will be given and a number of poems will be analyzed.
This article points out facts that help to explain why Franz Kafka was not awarded the Nobel Prize.
Diese Miszelle beabsichtigt, durch die Auslegung des Kapitel 62 von Robert Musils "Der Mann ohne Eigenschaften" den Begriff des 'Essayismus' zu erläutern. Sie erhebt nicht den Anspruch, die nahezu unabsehbare Forschungsliteratur zum Roman zu diskutieren, sondern beschränkt sich bewusst auf die von Musil angedeutete Konzeption.
This essay aims at making a survey of Kafka’s reception in Brazil. After justifying the importance of this study, I show how intermittently Kafka’s work was translated into Brazilian Portuguese in the very beginning of his reception, that is to say, 1956. The first text published in Brazil was "Die Verwandlung", which was written in German in 1915. However this text was not translated from the German, but from the English. Other texts were translated from the French. Translations from the German only appeared in 1983, among them the one with the 'short stories' "Kleine Fabel", "Der Geier", "Gibs auf!" and "Vor dem Gesetz". It is interesting to notice that essays and other articles in newspapers on Kafka and his work preceded the translations. For example, the first essay on the author was written by Otto Maria Carpeaux in August 1941 in the newspaper "Correio da Manhã". Nowadays Kafka’s work is object of considerable research in Brazil.
This paper deals with the image of Spain and how it is misrepresented in the German historical narratives written during the exile period. This misrepresentation is due on the one hand to the writers' lack of knowledge of the historical context in which their works were set and on the other hand to the individual motivation of the authors themselves. Through an examination of the two novels which Lion Feuchtwanger set in Spain, "Die Jüdin von Toledo" and "Goya", this article will try to analyse how in both cases the Spanish context offered the author the perfect frame to build the plot and the scenes and relate it to the historical moment Germany was experiencing. Furthermore, literary images and motifs will also be taken into consideration in order to prove how the reality of Spain in two very particular moments of its history was distorted in both novels.
Schon Ingeborg Bachmanns eigene Konzeption rechtfertigt die Assoziation Undines mit Lulu nicht – viel weniger noch die literarische Entfaltung des Themas von der Meerjungfrau, der Mahrte, und ihrer Verbindung mit einem Sterblichen (...). (...) [Volker Mertens betrachtet] die Erzählungen von der Mahrtenehe strukturell als Thematisierung einer Differenz zweier Welten und als Integrations- und Harmonisierungsversuch, der scheitert, oder – selten – auch gelingen kann. Die beiden Welten sind durch komplementäre Defizite und Überschüsse gekennzeichnet, die einander kompensieren können.
From the very beginning literary discourse plays a decisive role in the context of colonial discourse of power. Even Anna Seghers, a progressive socialist authoress with a fixation on the Enlightenment, the French Revolution and the Jewish-Christian tradition is unable to detach herself from the European claim on universality. In a tensely opposed relationship of projection and otherness, of "memoria" and intertextuality, Heiner Müller, however, understands literature in the sense of Emanuel Lévina's respect for the other being as a work on difference.
In the concentration on his text, the author Franz Kafka is often reduced to the phantom of a deadly sick and Oedipus-struck inventor of abstract labyrinths in an absurd bureaucratic universe. This talk intends to reintegrate him into the landscape of various conterts of modernicy at the beginriing of the 20Ih century such as: the movement of life-reform, intellectual debates, academic research in the field of industrial accidents, changing erotic relations and the enthusiasm for new technical products. As a result, the author claims that Kafka could well be imagined as a member of the pre-war-society described by Thomas Mann in the "Magic Mountain".
Stefan Zweig was the only important German writer who chose Brazil for his exile in the 1940s. Before he committed suicide in Brazil, he wrote the frequently cited and more frequently criticized book in which Brazil is called the land of the future. But in Brazil he also finished another book, 'Die Welt von Gestern', a book of memories, an account of the world from which Zweig came, a work of historic, cultural and political relevance, which was immediately published in Spanish (Argentine) and Portuguese (Brazilian) translations. When compared with the German original, these translations contain significant cuts and modifications, which can be understood as interventions of some kind of censorship, and which are prejudicial to the political brisance of the book.
Drei Erfahrungsberichte über Bertolt Brechts Theater auf brasilianischen Bühnen. Caco Coelho spricht über den Zyklus der Brecht-Lesungen, -Aufführungen und -Vorträge seiner Theatergruppe 'Os Fodidos Privilegiados ' 1998 in Rio de Janeiro. Fernando Peixoto vertritt die Ansicht, daß der zentrale Punkt von Brechts Theater darin besteht, Emotionen im zwischenmenschlichen Verhalten und in ihren politisch-historischen Kontexten verstehbar zu machen. Er erzählt unter anderm von einer "Wiederentdeckung" der Brechtschen Theaterästhetik durch eine Laiengruppe in Amazonien und vertritt insgesamt ein undogmatisches, auf die heutigen Verhältnisse ausgerichtetes Lernen mit Brecht. Willi Bolle berichtet von seiner Inszenierung von Brechts 'Die Hochzeit ' (1919) mit einer Laien-Theatergruppe in São Paulo 1997-1998, in der die lineare Struktur des Textes durchbrochen wurde durch die Einführung einer neuen Perspektive sowie einer neuen Figur, der Braut, die sich das Hochzeitsfest in der Erinnerung vergegenwärtigt.
Brecht's early play 'Baal' contains an allusion to Brazil. The interpretation of the image of Brazil designed in this play might raise a profitable discussion in order to introduce Brecht's theatre into the classroom and to motivate the students to study it. Therefore, the present paper suggests that the study of Brecht's theater should be started with the analysis of his first play and sketches a possible way to do this.
Heiner Müller e Brecht
(2000)
Based on Heiner Müller's play 'Fatzer +- Keuner', the present article shows Müller's opinion on Bertolt Brecht's work. The adaptations of Brecht's didactic plays (Lehrstücke) by Müller are commented on and compared to the originals.